La voce influenza le emozioni di chi ascolta: evidenze scientifiche

Il tono della voce è considerato uno dei canali di comunicazione non verbali utilizzati dagli esseri umani accanto ai gesti, al movimento del corpo e all’espressione facciale. Le diverse qualità della voce umana come il tono, il volume, il ritmo, la velocità e l’intensità influenzano l’interazione umana fin dall’inizio della vita (Altmann, 2001; Malloch, 1999; Papousek, 2007; Stern, 1991; Trevarthen, 2002).

La ricerca di base sulle emozioni ha evidenziato il legame tra le diverse qualità vocali e il riconoscimento delle emozioni, sebbene non sia possibile mostrare un’associazione unica tra una qualità vocale e un’emozione specifica (Gobl & Ni Chasaide, 2002; Johnson et al., 1980; Bänzinger & Scherer, 2005). Ad esempio, in una ricerca clinica si è riscontrato che un gruppo di pazienti con anoressia nervosa non riesce a distinguere le emozioni ascoltando toni di voce diversi (Kucharska-Pietura et al., 2003).

Esiste anche un’importante correlazione tra tono vocale ed esito del trattamento nella relazione medico-paziente e nella relazione infermiere-paziente: maggiore è la percezione di una voce di supporto, maggiore è la soddisfazione del paziente rispetto al trattamento, la percezione del controllo su di esso e l’aderenza alla terapia farmacologica (Hall et al., 1996; Haskard et al., 2008; Rosenthal, Blanck & Vannicelli, 1984).

 

Il tono di voce quanto è importante in psicoterapia?

In psicoterapia si è scoperto che terapeuti e pazienti sono consapevoli di molti aspetti del tono della propria voce e di quella dell’altro (Bauer, S. 2010).

I terapeuti ne hanno sottolineato gli aspetti diagnostici, ad es. evidenziando le caratteristiche del tono di voce depresso (lento e basso) e l’effetto di questo tono su se stessi (frustrazione e noia). Hanno anche descritto in modo molto dettagliato l’uso del tono della voce come strumento, evidenziando le intenzioni terapeutiche come stimolazione, e mezzo di regolazione del corso di una seduta, utilizzando diversi toni di voce.

I pazienti hanno sottolineato l’effetto che la voce dei loro terapeuti ha su di loro (sentirsi riconosciuti,  provare vergogna, sentirsi tristi, stimolati, motivati) e il tono della voce che preferiscono (caldo, solidale, autentico, calmo, profondo ma anche fermo e grave). A loro non piace il tono della voce aggressivo, acuto o troppo lento o uno privo di emozioni e freddo perchè è come se i terapeuti non si preoccupassero davvero di loro. Un tono di voce troppo dolce li rende  nervosi e persino aggressivi.  I risultati questo  studio mostrano che il tono della voce è un importante elemento di comunicazione non verbale, di cui le persone sono consapevoli nel contatto con gli altri. I pazienti hanno dimostrato di essere molto attenti al tono della voce dei loro terapeuti. Erano in grado di descrivere i loro modi di regolare e reagire attraverso il tono della voce, nonché i modi dei loro terapeuti di farlo. I pazienti erano consapevoli  della rilevanza del tono della voce in psicoterapia.

Ma perché la voce influenza le emozioni di chi ascolta?

Secondo la teoria Polivagale di Porges, oltre al sistema attacco-fuga mediato dalla componente simpatica e da una prima componente parasimpatica che regola le risposte dell’immobilizzazione (ovvero il fingersi morti) del sistema nervoso autonomo di fronte ad un pericolo, esisterebbe una seconda componente mediata dal parasimpatico; questa componente controlla la parte alta del corpo tramite connessioni del nervo vago, in particolare, attraverso il sistema uditivo, la laringe e i muscoli facciali, stimola la comunicazione sociale, quindi anche le richieste di aiuto, di fronte ad una potenziale minaccia. Questo circuito viene chiamato sistema di ingaggio sociale.  

Secondo la teoria polivagale la voce influenza le emozioni dell’ascoltatore per motivi ben precisi. L’evoluzione dell’orecchio medio nei mammiferi, e in particolare nell’uomo, consente di estrapolare la voce umana dai rumori di sottofondo e attraverso complessi meccanismi di neurocezione l’individuo mette in atto i sistemi di difesa se percepisce una voce sconosciuta, non calma o che manca di prosodia, in quanto questo è collegato con la percezione che l’altro non sia una persona empatica e quindi non in grado di offrire cura e sicurezza. Inoltre, queste voci producono noia e mancanza di attenzione. Al contrario una voce calma induce sicurezza e attiva il nervo vago producendo uno stato di rilassamento e sicurezza nell’ascoltatore. Un esempio chiaro di come questo funzioni lo si può osservare nella relazione mamma-bambino, dove non è il contenuto ma la qualità vocale della madre che fa ritornare il suo piccolo alla serenità. L’urlo e il pianto del bambino hanno lo scopo di attirare l’aiuto degli altri, in particolare dei caregiver e ciò funziona anche nell’adulto con un dispendio energetico inferiore a quello della fuga o dell’attacco.

Si può pertanto concludere che il modo in cui parliamo agli altri è ben più importante di ciò che diciamo, e in ambito medico-sanitario, ciò può aiutarci ad esprimere gentilezza, sostegno e accoglienza in tutte le comunicazioni che diamo ai nostri pazienti.

 

Francesca Galvani

Psicologa Psicoterapeuta,  esperta in Cantoterapia.

 

Bibliografia

Bauer, Susanne (2010). “Do You Like Your Therapist´s Voice?”: The Relevance of Voice Tone in Psychotherapy. Voices Resources. Retrieved January 08, 2015, from http://testvoices.uib.no/community/?q=colbauer080310

Papoušek, M. (2007). Communication in early infancy: An arena of intersubjective learning. Infant Behavior & Development, 30, 258–266.

Porges, S.W. (2014). La teoria Polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione. Giovanni Fioriti Editore. Roma.

 

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